L’obesità tra i principali pericoli per l’aggravamento del quadro clinico da Covid-19. Crescono ormai le evidenze mano a mano che vengono pubblicati i dati delle casistiche internazionali, con un’indicazione che sembra rendere il BMI (Body mass index) il secondo fattore di rischio dopo l’età avanzata, più importante di ipertensione, diabete, malattia coronarica, cancro o nefropatia. I motivi alla base dell’aumento rischio possono essere diversi, innanzitutto nel soggetto obeso esiste già un pregresso stato infiammatorio sub-clinico con alterazione dei meccanismi di controllo della flogosi. La risposta infiammatoria all’infezione potrebbe dunque essere amplificata. In aggiunta, è noto che il soggetto obeso è più suscettibile a complicanze cardiovascolari e sappiamo che ipertensione e danno cardiaco rappresentano fattori prognostici negativi in caso di Covid-19. Appare quindi chiaro che la Sindrome Metabolica è senza dubbio un fattore di rischio.
Una nuova svolta, è stato recentemente pubblicato su Circulation uno studio sugli effetti della dieta a lungo termine riguardo la misurazione del grasso corporeo. Questo studio ha utilizzato per la prima volta la tecnologia della risonanza magnetica (MRI), misurando i cambiamenti del grasso corporeo durante 18 mesi di dieta mediterranea a basso contenuto di carboidrati, con o senza un moderato esercizio fisico. La risonanza magnetica è una tecnica diagnostica in grado di fornire un’immagine computerizzata degli organi e dei tessuti interni corporei mediante un campo magnetico e onde radio. Ad oggi questo è il miglior approccio per misurare il grasso corporeo come risultato della dieta e dell’esercizio fisico. La bilancia, le pliche o la pesata idrostatica non danno un’immagine completa della composizione corporea. Questo nuovo studio ha analizzato l’implementazione di cambiamenti dietetici positivi e come ciò potrebbe aiutare a ridurre il grasso corporeo, in particolare il grasso corporeo (addominale) viscerale. La ricerca è stata condotta tra l’Università Ben-Gurion del Negev e la prestigiosa Università di Harvard. Il gruppo di ricerca era guidato da Drs. Iris Shai, Yftach Gepner, Ilan Shelef e Dan Schwarzfuchs dell’Università Ben Gurion. Il Dr. Meir Stampfer, nota autorità in materia di nutrizione e obesità, è stato l’autore principale dello studio. La dieta mediterranea a basso contenuto di carboidrati si è rivelata significativamente superiore a una dieta a basso contenuto di grassi per la riduzione del deposito di grasso, compreso il grasso nel fegato e il grasso cardiaco. È stato dimostrato che il grasso viscerale aumenta la sindrome metabolica, l’infiammazione, le malattie cardiovascolari e il diabete.
La perdita di grasso viscerale, sottocutaneo profondo e di grasso epatico è stata associata a una migliore sensibilità all’insulina e a un miglior profilo lipidico. La dieta mediterranea a basso contenuto di carboidrati era più efficace di una dieta povera di grassi nell’eliminare l’accumulo di grasso. Precedenti studi hanno dimostrato che una dieta mediterranea a basso contenuto di carboidrati può essere un’alternativa efficace alle diete a basso contenuto di grassi. Si ha un effetto più favorevole sui lipidi (con dieta a basso contenuto di carboidrati) e sul controllo glicemico (con dieta mediterranea). Le persone che seguono la dieta mediterranea tendono ad avere un indice di massa corporea più basso, misura della proporzione tra il peso e l’altezza, e una minor circonferenza della vita – secondo un ampio studio condotto da Simona Bertoli del centro di ricerca nutrizionale di Milano. La dieta mediterranea è ricca di pesce, frutti di mare, proteine magre, verdure ricche di antiossidanti, vino rosso e bacche ricche di polifenoli, fagioli, lenticchie, noci, legumi e olio extravergine di oliva – alimenti ricchi di grassi monoinsaturi e polinsaturi grassi.